Civiltà e cultura agropastorale
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Civiltà e cultura agropastorale
Ci sono legami che attraversano il tempo, che definiscono epoche e rappresentano civiltà. Legami che l’uomo ha trasformato in azione del tornare, e talvolta del restare, nei luoghi già vissuti nuovamente scelti per ricostruire spazi di comunità. Nelle sequenze temporali che identificano la città sorta sul tratturo, il legame stabilito con la terra e con le risorse qui custodite si delinea grazie ai sistemi economici tracciati dai diversi popoli che hanno abitatoSaepinum. Nel corso dei secoli, seguendo le pratiche agricole, pastorali e mercantili le genti hanno raggiunto, sostato, percorso le strade commerciali fermando il proprio vissuto in questo territorio, portando le proprie esperienze culturali e i valori identitari posseduti. Percorrendo i tracciati viariscopriamo Saepinum e il suo contesto storico unico ed incantevole, che custodisce i segni sovrapposti lasciati dalle civiltà agropastorali e mostra le molteplici espressioni di un racconto ereditato di cui ancora facciamo parte.
L’officina tintoria sannitica
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L’officina tintoria sannitica
Dal II secolo a.C., l’insediamento sannitico posto a valle comincia a definirsi come luogo di transito, sosta e mercato. Questa occupazione stabile favorisce un primo sviluppo edilizio che prevede anche la costruzione di ambienti artigianali vocati alla lavorazione della lana. Il passaggio delle greggi, infatti, non rappresentava soltanto una mera azione di attraversamento dell’area ma comportava un’attenta gestione delle attività economiche destinate all’elaborazione e al trattamento dei prodotti della filiera. A questo orizzonte cronologico sono ascrivibili i resti di una fullonica localizzata al di sotto delle strutture visibili a nord del Foro. L’edificio era adibito alla finitura dei tessuti che dovevano essere sgrassati dopo i lavori di filatura e tessitura, oppure dovevano soltanto essere smacchiati e puliti. La presenza dell’officina artigianale attesta il consolidarsi degli interessi imprenditoriali locali connessi alla pastorizia e afferma il ruolo economico del centro sorto sul tratturo.
Gli strumenti tessili
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Gli strumenti tessili
Sulle vie della transumanza, la produzione di filati e tessuti si attesta mediante il ritrovamento di molteplici oggetti di ambito domestico. La realizzazione dei filati in lana, o in fibre vegetali come lino e canapa, è tracciata mediante il ritrovamento delle fusaiole, i pesi forati collocati al termine di una stecca lignea al fine di creare sostegno ed equilibrio. Le fibre erano fissate sulla sommità del fuso e, grazie alla rotazione impressa al bastoncino, il filato prendeva forma avvolgendosi in una matassa. Successivamente, il materiale era sistemato sul telaio verticale: l’ordito era teso agganciando gruppi di fili ai pesi in terracotta di forma troncopiramidale sui quali potevano essere incise misure, decorazioni, segni. Mediante una navetta mobile, le donne tessevano la trama che, una volta ultimata, era cucita con grossi aghi in osso o in bronzo.
Attraverso Porta Bojano
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Attraverso Porta Bojano
In età preromana, i Sanniti spostavano stagionalmente le proprie greggi sugli antichi percorsi di erba battuta in cerca di pascoli più adatti alla produzione; tale consuetudine fu acquisita e rafforzata dai romani i quali conservarono la transumanza orizzontale sul Tratturo Pescasseroli – Candela e il movimento verticale di prossimità che portava all’area montana del Matese. Nelle adiacenze dei tracciati viari sorgevano taverne di sosta, dogane, centri di controllo posti per riscuotere i tributi e per proteggere il passaggio di armenti, prodotti e genti. A Porta Bojano, un prezioso documento epigrafico del II secolo d.C. è inciso sul piedritto destro della struttura. Prima di accedere all’interno delle mura, il rescritto imperiale ricorda la controversia avvenuta tra le autorità di Saepinum e Bovianum con i conduttori delle greggi imperiali che, transitando sul tratturo, lamentavano soprusi e sottrazioni di bestiame. Un ammonimento riportante l’intervento dei prefetti del pretorio e la diffida dei magistrati delle due città, utile affinché fossero rispettate le corrette procedure nelle pratiche armentizie.
Arredi sfarzosi per le domus romane
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Arredi sfarzosi per le domus romane
Possedere oggetti lussuosi all’interno delle abitazioni era funzionale a dare accoglienza di pregio ai propri ospiti e, al contempo, serviva ad affermare il proprio rango e status sociale. Questo Trapezoforo in marmo bianco, rinvenuto negli ambienti domestici adiacenti il Foro, svolgeva la funzione di sostegno centrale di un piano o di una mensa. Su uno dei lati è scolpito a rilievo il busto di una donna dalla sfarzosa e articolata capigliatura riconducibile al gusto artistico orientale; sul lato opposto, una testa bovina è incorniciata da una infula, la benda accessoria di lana avvolta intorno alle corna e ricadente ai lati del muso dell’animale che contrassegnava la consacrazione agli dei. La particolare decorazione e l’imponenza dell’oggetto, confermano che il sostegno da tavolo doveva far parte del ricco arredo delle domusaristocratiche romane che erano dislocate nelle insulae urbane.
Riabitare i luoghi
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Riabitare i luoghi
Con l’avvento degli Aragonesi nel Regno di Napoli, la pratica economica della transumanza del bestiame è nuovamente regolamentata grazie al ripristino e alla delimitazione dei Regi Tratturi che percorrono le antiche terre del Sannio e della Capitanata. Con la ripresa delle economie agropastorali in epoca moderna, Saepinum vive una nuova fase edilizia e le persone tornano lentamente ad abitare luoghi da tempo in rovina. Sulle preesistenze di epoca romana, salariati stagionali e coloni stabili realizzano abitazioni rurali e stalle per animali sfruttando i materiali recuperati dalle strutture antiche. Nelle case rurali è possibile riconoscere i segni di questo recente passato: cantine, cucine e forni per la cottura e il riscaldamento, rimesse per le derrate, stalle, pozzi per l’acqua, fontanili e abbeveratoi hanno mantenuto le caratteristiche proprie della vita agreste ed evocano alla mente pratiche e gesti antichi appartenenti alla civiltà contadina.
La fiaschetta nel viaggio medievale
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La fiaschetta nel viaggio medievale
Ancora oggi i contenitori utili a trasportare liquidi sono tra gli oggetti che meglio rappresentano l’idea di movimento, viaggio, esplorazione. Essi hanno un’origine antichissima e si diffondono in tutta l’area del Mediterraneo con forme similiprodotte con materiali di origine organica o artificiale. Tra le tipologie più diffuse giunte fino a noi, la borraccia in terracotta è uno strumento ideato per essere facilmente ancorato alla cintura o per essere portato a tracolla grazie al supporto di un cordino. Il recipiente, comunemente definito “fiasca del pellegrino”, presenta una forma lenticolare, dimensioni relativamente contenute e una decorazione che personalizza l’oggetto. La fiaschetta del viandante di epoca basso medievale ritrovata a Saepinum presenta infatti una decorazione in protomaiolica, che copriva entrambi i lati del corpo tondeggiante con motivi floreali nei toni del verde, dell’ocra e blu; mediante l’alto collo fuoriusciva la bevanda mentre le due anse laterali ne consentivano il trasporto.
CIVILTA’ E CULTURA AGROPASTORALE
Il racconto dei popoli e delle genti
LA PROFONDITA’ DEI BOSCHI
Il paesaggio e la natura
ACQUA E CIELO
Il culto di Mefite e le stagioni
LA BELLEZZA DEL COSTRUITO
ricostruito e riconfigurato
IL MOVIMENTO E LO SCAMBIO
Le vie di comunicazione