La bellezza del costruito, ricostruito e riconfigurato
Percorso 4
La bellezza del costruito, ricostruito e riconfigurato
Mentre contadini e pastori conservano pratiche quotidiane agropastorali, altre necessità muovono esploratori alla scoperta della città. Il sopraggiungere dei viaggiatori ottocenteschi, impegnati nei personali Grand Tours, ha acceso un interesse diverso sulle vestigia antiche. A partire dalla seconda metà dell’800, gradualmente riemerge quanto la terra e i l’edilizia rurale avevano a lungo custodito: si riscoprono la Basilica e gli edifici a nord del Foro, Mommsen pubblica il suo ricco studio epigrafico, gli scatti fotografici di Mackey, Musa e Trombetta catturano l’esperienza sovrapposta del paesaggio riconfigurato, tra mondo rurale ed antico. Negli anni ’50 Valerio Cianfarani riscopre e restaura un’ampia porzione urbana, facendo emergere gran parte delle strutture oggi visibili e recuperando il materiale disperso al suolo. Il passaggio del Tratturo all’interno dell’area urbana ha consentito di operare nei terreni liberi da vincoli di proprietà, sui quali insistevano i maggiori edifici pubblici e sacri. A partire dagli anni Settanta hanno avuto inizio le indagini archeologiche della Soprintendenza realizzate in collaborazione con le Università, che hanno consentito nel corso degli anni di accrescere le conoscenze della città antica e del suo territorio.
Restituire la forma all’antico
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Restituire la forma all’antico
Agli inizi dell’Ottocento, il barone inglese Richard Keppel Craven intraprese il suo tour nelle terre molisane e decise di sostare in una taverna di Altilia per far riposare i cavalli. Durante la breve permanenza, colse l’occasione di perdersi tra i resti antichi e descrisse le suggestioni provate nel suo libro di esplorazioni. La città si presentava nella sua incantevole amenità, le vestigia dei tempi passati coesistevano con le abitazioni rurali ancora circondate dalle mura, nelle quali si aprivano le quattro porte. Degli ingressi monumentali rimanevano i possenti stipiti, in parte interrati, e solo la porta in direzione della valle del Tammaro conservava l’arco monumentale. Negli anni ’50 Cianfarani riscoprì i grandi blocchi sagomati, i frammenti di epigrafi, le sculture e gli elementi decorativi disgregati e dispersi tra i terreni agricoli e le aree di pascolo; lo studio dei monumenti antichi, eseguito in collaborazione con l’architetto Italo Gismondi, consentì la ricomposizione di Porta Bojano, di un tratto delle mura e delle torri, del mausoleo dei Numisi e la definitiva anastilosi delle colonne della Basilica. La meticolosa ricomposizione e ricostruzione di Porta Bojano, eseguita da Gismondi, ha consentito di comprendere l’originaria configurazione delle porte urbiche di Sepino, veri e propri archi trionfali che celebravano il potere della famiglia di Augusto, restituendo ai viaggiatori contemporanei l’originario significato ideologico e propagandistico espresso attraverso il potere delle immagini.
Ridisegnare le mura urbiche
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Ridisegnare le mura urbiche
Quando i viaggiatori dell’Ottocento hanno raggiunto Sepino l’impronta della città antica era ben riconoscibile malgrado gli abbandoni, le trasformazioni e le sovrapposizioni aggiunte all’interno dell’abitato. Le quattro porte monumentali si delineavano facilmente nel perimetro difensivo ma i crolli avevano aperto altri valichi e creato ampie lacune nelle cortine murarie. Una lunga fase di logoramento aveva irrimediabilmente interessato i paramenti e i nuclei murari poiché, una volta persa la funzione pubblica, nessuno aveva preso in carico la tutela delle mura urbiche, esponendo gli elevati ai processi di degrado. A partire dal secondo dopoguerra, gran parte del sistema murario è stato oggetto di interventi di studio e restauro che hanno consentito la rimessa in luce quasi integrale del tracciato antico. Preservando la tecnica in opera reticolata, la grande quantità di materiale originario proveniente dai crolli e dispersa nei terreni agricoli è stata recuperata e ricollocata nelle torri e cortine rettilinee, affinché il complesso monumentale delle mura potesse nuovamente tornare allo splendore antico e mostrare la perizia dell’ingegneria militare romana.
Portando in scena il Teatro romano
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Portando in scena il Teatro romano
C’è un luogo a Sepino che racchiude le sequenze della storia, mostra il susseguirsi di esperienze ed esprime la bellezza del costruito e del reinventato. Questo luogo è il teatro romano che, a partire dal medioevo fino al secolo scorso, ha cambiato aspetto per ospitare scene di vita quotidiana e racconti contemporanei. Un piccolo borgo rurale composto di case, stalle e un cortile rustico sorto sulle strutture del complesso architettonico. Al fine di preservare queste testimonianze, dai primi interventi di restauro si è deciso di conservare le abitazioni presenti sulla scena e nella parte alta dell’emiciclo della cavea, poiché costituivano un contesto architettonico di grande suggestione in armonia con le mura più antiche. Molte delle unità abitative versavano in condizioni di degrado, altre erano ancora utilizzate ma il recupero organico degli ambienti ha consentito di dare nuovo valore agli spazi, ora destinati al racconto del territorio. Per ripristinare gli originari accessi monumentali della struttura teatrale si è scelto di demolire la casa contadina costruita all’interno del tetrapilo, mentre per far emergere le altre componenti antiche si è eliminato il grande interro centrale, dove era l’aia comune per polli e maiali, poiché copriva il proscenio, l’orchestra e parte della cavea con le sedute in pietra. Il teatro romano di Sepino è diventato così un complesso armonioso di grande suggestione, che rappresenta le sequenze della storia in un’unica esperienza scenica attraverso la quale possiamo ammirare lo spettacolo del tempo.
Reinventare armonie: la Casa della Colonna
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Reinventare armonie: la Casa della Colonna
A partire dall’età tardo antica, gli edifici cominciano a subire trasformazioni, riadattamenti e variazioni strutturali di volta in volta utili a soddisfare i fabbisogni delle genti di passaggio nell’area. Tra le antiche mura nascono e si rinnovano organismi edilizi edificati sulle preesistenze antiche, fino a diventare nuova testimonianza storica. In modo sistematico si demoliscono edifici, elementi architettonici e decorativi per recuperare materiale da costruzione. Si costruiscono abitazioni con elementi lapidei dissimili, recuperati e messi in opera secondo logiche capaci di reinventare inconsuete armonie come nella Casa della Colonna, abitazione contadina che si sviluppa su due piani nella quale sono ricollocati materiali antichi. Sul prospetto principale, un’ampia scala esterna conduce agli ambienti del piano superiore a cui si accede tramite un ballatoio; l’ambiente vicino è impostato su una struttura voltata sostenuta da una colonna di reimpiego. Soluzioni architettoniche apparentemente insolite che tuttavia sono state funzionali alle tante vite di Sepino.
Ripercorrere la memoria: il Mausoleo di Ennio Marso
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Ripercorrere la memoria: il Mausoleo di Ennio Marso
In prossimità delle porte monumentali, lungo i margini del Tratturo, sono dislocate le necropoli urbane. Fino al secolo scorso, la possibilità di recuperare da terra gli elementi lavorati di sepolture, edicole e monumenti funerari ha comportato una lenta spoliazione delle aree sepolcrali. Gli apparati che identificavano i luoghi di memoria e deposizione sono stati infatti reimpiegati nelle vicine masserie rurali per ricostruire spazi di vita. Agli inizi del ‘900, mediante un meticoloso recupero dei restanti blocchi dispersi al suolo è stato possibile ricostruire e restaurare i sepolcreti monumentali di importanti personaggi dell’aristocrazia municipale. Prossimo a Porta Benevento, l’imponente monumento dedicato a Caius Ennius Marsus è stato parzialmente ricomposto nella sua forma di tamburo cilindrico su basamento quadrato, architettura funeraria tipica del periodo augusteo ispirata al mausoleo imperiale. Al centro del prospetto anteriore è posta un’iscrizione riportante il cursus honorum del titolare corredata di bassorilievi che alludono alla carriera militare e civile del defunto: la sella curulis, seggio pieghevole prerogativa del magistrato con due fasci littori; la capsa, custodia cilindrica per riporre rotoli e codici; il suppedaneum, sgabello per appoggiare i piedi. Ai lati del basamento sono state collocate due sculture di leoni nell’atto di schiacciare la testa di un guerriero con una zampa, mentre un terzo leone fa parte della raccolta del Lapidarium.
CIVILTA’ E CULTURA AGROPASTORALE
Il racconto dei popoli e delle genti
LA PROFONDITA’ DEI BOSCHI
Il paesaggio e la natura
ACQUA E CIELO
Il culto di Mefite e le stagioni
LA BELLEZZA DEL COSTRUITO
ricostruito e riconfigurato
IL MOVIMENTO E LO SCAMBIO
Le vie di comunicazione